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Gomorra 2 | Riccardo Tozzi parla della nuova serie e riflette su Gomorra nel territorio

La serie è di tipo sociologico: si parla di tutto tranne della serie in sé. Che invece ha un’identità autonoma, molto interessante: è infatti un’opera che si inserisce in una forma di linguaggio nuova, che va oltre il cinema e la fiction, e si chiama nuova serialità. È di questo che vorrei parlare, prescindendo per una volta dagli aspetti cronachistici e di costume. Ricordando, con l’occasione, che le attività artistiche, come quelle religiose, politiche, scientifiche, godono nella nostra civiltà di una fondamentale propria autonomia. E anche che girare un film o una serie in un luogo è diritto garantito dalla Costituzione nel quadro della libertà d’espressione, per impedire possibili reincarnazioni di quella censura preventiva abolita col fascismo.

La nuova serialità è una forma di espressione a sé, generata da un mezzo di tipo nuovo: la televisione a pagamento. È, questo medium, un fortunato accidente della storia. Il suo pubblico, al contrario di quello della maggior parte del cinema e della fiction, non è locale, è globale. L’utente di pay-tv ha caratteristiche e gusti simili, a Shanghai come a Trapani, a Melbourne come a Düsseldorf. È il pubblico organico alla modernità. La missione della televisione a pagamento non è contare gli spettatori di un singolo spettacolo, ma offrire a questo pubblico racconti importanti, belli e capaci di coinvolgere profondamente: un unicum, un’occasione da cogliere e uno stimolo per tutto il sistema.

Con “Gomorra – La serie” l’Italia ha preso posizione nell’industria mondiale che produce immaginario per il pubblico all’avanguardia della modernità. Quali sono i segni di linguaggio che sanno raggiungere questo pubblico e lo individuano? Se si hanno in mente le serie internazionali che si sono imposte maggiormente negli anni più recenti si possono riscontrare delle costanti. Prevale il “genere” e cioé il racconto che si inquadra in codici, all’interno dei quali si è liberi di inventare, ma che non si possono infrangere. C’è quindi la destituzione dell’autore come demiurgo, ma anche della ReteTv come committente onnipotente. Il racconto risponde a leggi sottostanti.

Queste leggi sono riconducibili ad archetipi primari, come quelli del mito, della favola, della tragedia greca o del teatro scespiriano.
È questo che rende globale il racconto: è fatto “della stessa materia di cui son fatti i sogni”, che non è l’oro, ma l’inconscio. È questo che lo rende indispensabile, per fare i conti con quel che la civiltà rimuove, ma si agita nel profondo: l’aggressività, la paura, le pulsioni, ciò che definiamo il male, il cosiddetto male. Per questa sua natura, la nuova serialità non è realistica. Anzi, brucia il “realismo”, e fa percepire molti nostri film e molte nostre fiction, che sono fortemente ” realistiche”, come qualcosa di inadeguato. Ma questo non significa che la realtà ne sia esclusa, così come non è esclusa dal sogno. La realtà c’è, ma nelle sue radici profonde.

Da qualche tempo la Scandinavia è raccontata come luogo di assassini seriali, stupratori, gruppi neonazisti e capitalisti complici. Naturalmente sappiamo che è ancora il luogo dello stato sociale, della convivenza pacifica, dell’eguaglianza e del benessere diffuso. Ma è proprio il racconto di ciò che questa civiltà rimuove che ci appassiona (e fa della Scandinavia un luogo all’improvviso molto invitante), perché ci mette in contatto col rimosso e, cosa fondamentale, lo risolve catarticamente nella fantasia.

È l’esprimersi in questo linguaggio, che rende Gomorra universale: scova la gomorra che è nel fondo di ognuno di noi, ovunque. Come un esercizio di analisi, svolto attraverso i personaggi, la scrittura, la messa in scena.
Incide questo racconto sulla realtà effettuale, sulla fenomenologia? Forse no, certo non è suo compito: l’organizzazione sociale non dipende dalle attività artistiche, ma da quelle politiche. A Cesare quel che è di Cesare: i cineasti devono fare buoni film (o serie), i politici buone politiche, senza pararsi dietro patetiche scuse di “effetti imitativi”.
Ma forse l’immersione nel profondo antropologico che la serie opera, con il riconoscimento della gomorra che è in ciascuno, potrà produrre in chi la guarda una modifica anche piccola di atteggiamento individuale, un sentirsi più in causa e quindi una più forte motivazione personale al cambiamento.

RICCARDO TOZZI