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‘Bella addormentata’ al Festival di Venezia

Tanta voglia di sorprendere (e graffi ai politici obbedienti)

“Su un argomento incandescente e passionale come il caso Englaro, Bellocchio ha fatto un film che si sforza di ragionare. È questa la prima, evidente qualità di Bella addormentata, dove gli ultimi giorni di vita di Eluana fanno da sfondo a una serie di storie che si intrecciano: il senatore di Forza Italia che non vuole votare la legge sull’alimentazione forzata, la figlia cattolica oltranzista che prega a Udine di fronte alla clinica La Quiete, l’attrice con una figlia in coma che spera solo in un miracolo per risvegliarla, la drogata che vuole farla finita e il medico che vuole salvarla. Tutte storie che parlano del rapporto tra la vita e la morte e le rimandano allo spettatore con un particolare punto di vista. Pur nella differenza delle rese (Servillo senatore è perfetto e il suo duetto con Herlitzka da antologia), l’idea vincente di Bellocchio e dei suoi sceneggiatori Stefano Rulli e Veronica Raimo mi è sembrata quella di sbriciolare le contrapposizioni ideologiche per mettere in ognuno dei personaggi un po’ di quelle «ragioni» e di quei «torti».

Così che lo spettatore si ritrova sullo schermo non il muro contro muro ma piuttosto le tante tessere di un mosaico che deve ricostruire, mentre sullo sfondo un perfetto utilizzo del materiale di repertorio si incarica di ricordare la realtà di quei giorni. […]”